"Possiamo definire l'invidioso in questo modo", premette Valentina D'Urso, docente alla Facoltà di psicologia di Padova: "Una persona che desidera di possedere ciò che altri hanno e che ritiene, per un complesso di ragioni, di non poter avere". La parola invidioso deriva dal verbo invidere, che significa guardare di traverso, in modo maligno. Non a caso l'iconografia classica, quella rinascimentale soprattutto, ritrae l'invidia puntando molto sugli occhi e sulla vista. Giotto, che di quel periodo eccezionale è un acuto anticipatore, la dipinge come una donna più brutta e repellente che mai, con un sacchetto di denari in mano, una serpe velenosa che scodinzola sulla nuca, spunta da sotto il turbante, esce dalla bocca ed entra negli occhi dell'invidioso. In pratica, la rende cieca.
L'invidia è particolarmente sgradevole, ci si vergogna di ammetterla, ed è davvero poco socialmente accettabile. Si vive in solitudine. Il perché, secondo gli psicologi, è evidente: chi manifesta invidia riconosce